Giovanni 3:3

Gesù gli rispose:"In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio".

 

1 Pietro 1:3

Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella Sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.

 

2 Corinzi 5:17

Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove.

 

La paura del futuro e la fila da Trony

E-mail Stampa PDF

L’iPhone come il pane nel dopoguerra?Che questi siano tempi difficili risulta ormai chiaro a tutti. In questi ultimi mesi siamo tutti diventati esperti di economia: guardiamo con timore l’andamento dello spread tra i nostri Btp e i bund tedeschi, tremiamo all’idea che il nostro paese vada in default. Iniziamo a vedere la pensione (di anzianità? vecchiaia? contributiva?) come una meta ogni giorno più lontana e il posto fisso come una bella favola che apparteneva ai nostri nonni o genitori. Tutti i diritti sindacali che sembravano acquisiti, stanno diventando carta straccia e aspettiamo ormai con rassegnazione le prossime terribili stangate delle future manovre finanziarie.

Viene allora da chiedersi, davanti a tutta questa crisi, chi erano le migliaia di persone in fila, da notte fonda, davanti a un nuovo negozio Trony di Roma, accomunate dalla speranza di acquistare un prodotto elettronico di ultima generazione…

Erano tutti ricchi figli di papà? Visto che l’oggetto più ambito pare fosse un indispensabile (!!!) iPhone (venduto al modico prezzo di 399 euro) qualcuno potrebbe pensarlo. Qualcun altro dirà che la fila chilometrica testimonia invece proprio del momento di crisi e quindi del desiderio, o del bisogno, di risparmiare. D’accordo, ma ci mangiamo con lo smartphone? Ci vestiamo con un nuovo televisore 3D? Risolviamo la crisi familiare con un tablet? Il sociologo Vanni Codeluppi, in una breve intervista apparsa su Repubblica del 28 ottobre 2011 afferma: «Il  gadget elettronico? È come il pane dopo la guerra o la Cinquecento negli anni Sessanta… la tecnologia è diventata un obbligo sociale, uno status symbol per raccontare chi si è, per distinguersi e, allo stesso tempo, sentirsi parte di un gruppo in una società dai consumi di massa ma individualista». A pensarci viene da rabbrividire, ma la classe delle scuole medie vista in strada qualche giorno fa non fa che alimentare il sospetto: in fila per due, maestra davanti a dirigere il gruppo; il 90% dei ragazzi aveva il naso appiccicato sul proprio smartphone. Una volta si approfittava delle uscite pubbliche durante le ore di scuola per cercare di mettersi vicini alla compagna più carina, per scambiarsi le figurine, per raccontarsi qualcosa. Ora no, tutti insieme, ma tutti divisi, davanti all’oggetto elettronico. Ecco, forse in mezzo a quella lunghissima fila davanti al negozio c’erano anche tanti genitori di quei ragazzi.

Molti potrebbero osservare giustamente che non c’erano tutti gli italiani in quella fila, che questo discorso non vale per tutti. È vero, però c’era uno spaccato dell’Italia di oggi, pienamente rappresentata. Nel suo bell’articolo, sempre su Repubblica del 28 ottobre, il giornalista Marco Lodoli ci fa notare che: «In fila si sono sistemati, oltre a tanti romani, moltissimi immigrati… Sembrano le Nazioni Unite del consumismo… Si mescolano desideri e povertà, aspirazioni e derive, illusioni e delusioni: la vita di tanti italiani vecchi e nuovi che vorrebbero scorrere verso un piccolo premio e sta ferma nel pantano della frustrazione… una donna che ha preso un giorno di ferie e non vuole mollare, che vuole comunque entrare nel tempio anche se gli angeli elettronici sono volati via».

Tra la paura per il futuro, i bisogni e l’irrazionalità del presente, vorremmo che tutti noi ci fermassimo un attimo a pensare bene a quello che stiamo facendo. Il pensiero ritorna ad alcune riflessioni fatte in altri articoli di questo sito (Crisi, Comprare senza pagare! e La vita in gioco) che invitiamo a rileggere. Spendiamo per ciò che non è pane (Isaia 55:1-2), ci lasciamo dominare da cose di cui potremmo tranquillamente fare a meno (1 Corinzi 6:12) e poi scuotiamo la testa sconsolati e spaventati per il nostro futuro. È questa la contraddizione di fondo o, se vogliamo, l’irrazionalità che accompagna il nostro vivere quotidiano.

Adamo ed Eva, ribellandosi a Dio, si convinsero che quel frutto in più avrebbe cambiato in meglio la loro, già ricca e piena, vita e invece impararono un sentimento nuovo: la paura per il loro futuro, per il loro destino (Genesi 3:10). Non è l’avere qualcosa in più che ci può rendere felici o scacciare le nostre paure, ma l’andare alla fonte della vita per essere delle persone nuove.

In un momento così, tra incertezze e schizofrenie, andiamo con decisione da colui che può togliere le nostre paure, anche la Paura delle Paure: la morte. Gesù, dando la sua vita, ha vinto per noi e ora può “liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita.” (Ebrei 2:15).

Le feste di Natale si avvicinano. Vogliamo farci un bel regalo, il più bello che possiamo immaginare? Invece di correre dietro alle offerte del prossimo centro commerciale, prendiamo il dono di Dio, che è gratuito e senza bisogno di fare la fila per ottenerlo. Riusciremo così a vivere, forse con qualche applicazione in meno sul nostro gingillo elettronico, ma con molte certezze in più per il nostro futuro.

Ti trovi qui La paura del futuro e la fila da Trony