Una delle straordinarie meraviglie del progetto creativo di Dio che balza agli occhi, leggendo il racconto contenuto nel primo capitolo della Genesi, è sicuramente l’incredibile abbondanza di elementi prodotti dalla potenza della sua Parola: miriadi di stelle nel cielo, ciascuna di esse diversa da tutte le altre, e sulla terra migliaia di specie diverse di “erbe”, di “alberi fruttiferi”, di “uccelli”, di “animali acquatici”, di “bestiame”, di “rettili” e di “animali selvatici”. E infine l’uomo, anche lui con la sua diversità: “li creò maschio e femmina”. Si potrebbe sintetizzare il racconto della creazione con una frase: “Nel principio Dio creò la diversità”. Proviamo ad immaginare un universo con stelle e pianeti tutti uguali e una terra con erbe ed alberi, uccelli, bestiame, rettili ed animali selvatici tutti di una sola specie ed un uomo soltanto maschio e soltanto femmina...
Quali bellezze e quali ricchezze perderemmo! La ricchezza e la bellezza della creazione sono infatti strettamente legate alle sue infinite diversità; diversità volute da Dio per motivi funzionali ed estetici, ma anche per rivelare “le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità” (Romani 1:20). Le diversità presenti nella creazione ci rivelano quindi le diversità delle qualità di Dio e le molteplici possibilità espressive della sua potenza. Senza diversità avremmo una incompleta rivelazione di Dio.
Ma, a causa della caduta dell’uomo, che ha coinvolto tutta la creazione, ciò che era esteticamente bello e funzionalmente complementare è diventato di fatto conflittuale. La diversità è diventata cioè fonte di tensioni e di conflitti. Ne abbiamo un esempio immediato subito dopo la caduta: il riconoscente “finalmente” con cui Adamo aveva accolto il dono di Eva (Genesi 2:23) si trasforma in un’accusa al Donatore. Caro Dio – disse Adamo – la colpevole è “la donna che TU mi hai messa accanto” (Genesi 3:12). Da allora l’uomo ha sempre vissuto e continua a vivere la diversità in una perenne tensione fra riconoscenza e accusa, fra accettazione e rifiuto, fra integrazione ed emarginazione. Perché la diversità torni ad essere soltanto ricchezza non vi è altra strada che quella dell’eliminazione di ciò che la fa essere conflittuale.
Paolo ci ricorda che Cristo è venuto per rimuovere “la causa dell’inimicizia”, cioè il nostro peccato che è la vera causa di ogni conflittualità (Efesini 2:14). La ritrovata relazione-comunione con il Dio Creatore della diversità ci consentirà di percorrere la strada dell’accettazione, dell’integrazione, della riconoscenza. In questo modo vedremo e godremo come fonte di arricchimento personale ogni diversità: nella creazione, nella famiglia, nella società, nella chiesa. Essere riconoscenti per la diversità significa prendere atto con gioia che è la varietà delle specie a rendere ancora oggi più bella e più ricca la creazione, che è la diversità dei sessi e dei ruoli a rendere più funzionale e più preziosa la famiglia, che è la diversità delle etnie e delle culture a rendere più ricca la società (anche se i seguaci di un certo orientamento politico perseguono l’abbrutimento morale e l’impoverimento culturale della discriminazione). Essere riconoscenti per la diversità significa credere che ogni chiesa locale possa crescere soltanto attraverso l’esercizio della pluralità dei doni elargiti dallo Spirito Santo (in 1 Corinzi 12 sono proprio le parole “varietà” e “diversità” a risaltare sopra ogni altra!).
Infine, è sempre alla luce dell’amore e della potenza di Cristo che anche le diversità che più ci turbano e ci interrogano possono diventare motivo di profondo arricchimento. Trovandosi davanti ad un uomo “cieco fin dalla nascita”, Gesù ricordò il motivo di quella sua diversità: “È così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui” (Giovanni 9:3).
Paolo Moretti (da Il Cristiano, Febbraio 2012)