Giovanni 3:3

Gesù gli rispose:"In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio".

 

1 Pietro 1:3

Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella Sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.

 

2 Corinzi 5:17

Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove.

 

Conversione per amore (di una donna)

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Ha avuto un certo rilievo sui due quotidiani altoatesini in lingua italiana (l’Alto Adige, che intitolava «Ho lasciato la Chiesa per amore», e il Corriere dell’Alto Adige), la notizia del passaggio alla chiesa luterana del frate francescano Georg Reider. Questo passaggio viene definito “conversione”. Fin qui niente di strano. Ognuno, anche un frate, può cambiare opinione e aggregarsi ad un gruppo che ritiene più coerente con la fede cristiana, più vicino agli insegnamenti di Dio, così come li vediamo descritti nella Bibbia. Anche Lutero era un frate, anche se agostiniano, e un giorno scoprì, leggendo la lettera di Paolo ai Romani, che la salvezza è un dono di Dio, ricevuto gratuitamente per grazia tramite la fede e che quindi la raccolta di soldi per la costruzione della chiesa di San Pietro a Roma, con relativa promessa di indulgenze per coloro che avessero contribuito, era non solo anti biblica, ma assolutamente offensiva nei confronti di Dio e altamente ingannatrice nei confronti dei fedeli. Lutero veramente non lasciò la chiesa romana, ne fu buttato fuori. Oggi, coloro che portano il suo nome, i luterani, sono tornati ad un punto pre-luterano, cercando un compromesso con la dottrina cattolica della salvezza per opere. Lutero non approverebbe, ma tant’è.
Torniamo però al nostro frate Reider. Anche lui ammette che la sua decisione parte da lontano, legata ad una speranza di una riforma interna alla chiesa cattolica. Un punto in particolare, tra altri, sembra averlo turbato nel corso degli anni: quello riguardante il celibato dei preti, che vede come una scelta personale, non legata al sacerdozio. Ha ragione l’ex frate (e prossimo probabile pastore) Reider. Nella Bibbia il sacerdozio viene visto come un fatto universale, di tutti i credenti, sposati o meno. L’apostolo Giovanni, rivolgendosi a tutti i credenti delle sette chiese dell’Asia, esclama: “A lui [Gesù] che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti al suo Dio e Padre, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.” (Apocalisse 1:5-6), che riecheggia l’inno di gioia dei credenti in cielo che troviamo sempre in Apocalisse: “Tu sei degno [Gesù] di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra”. (Apocalisse 5:9-10).
Anche l’apostolo Pietro (sposato e con tanto di suocera, vedi Vangelo di Matteo 8:14) ci ricorda il ruolo e il privilegio di tutti i credenti, di qualsiasi razza, cultura, sesso e posizione: “Accostandovi a lui [Gesù], pietra vivente, rifiutata dagli uomini ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. …Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.” (1 Pietro 2:4-5, 9-10).
L’apostolo Paolo ci ricorda invece il ruolo dei vescovi, cioè gli episkopoi, i ‘sorveglianti’ della chiesa (visti non come una classe a parte, ma come servitori in seno alla comunità dei credenti, da essi riconosciuti come tali): “Certa è quest’affermazione: se uno aspira all’incarico di vescovo, desidera un’attività lodevole. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino né violento, ma sia mite, non litigioso, non attaccato al denaro, che governi bene la propria famiglia e tenga i figli sottomessi e pienamente rispettosi  (perché se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà avere cura della chiesa di Dio?) (1 Timoteo 3:1-5).

Quello che lascia perplessi è invece la scintilla che ha provocato il cambiamento di confessione religiosa e la terminologia usata per spiegare il tutto. L’amore di cui si parla non è quello per Gesù, per la Parola di Dio, per la verità, ma quello per una donna.
Questo fatto, come abbiamo detto, viene definito, “conversione”. Ma a che cosa ci si converte? Ad una certa chiesa? Ad una determinata confessione religiosa? La Bibbia ci dice che ci si converte dalle proprie vie malvagie a Dio, a Gesù, al Signore (vedi, p. es., Atti 3:19, 26; 9:35; 11:21; 14:15; 15:19; 26:20; ecc. ecc.).
Poiché la donna in questione è una teologa luterana, nasce come minimo il sospetto che la “conversione” proprio alla chiesa luterana sia dovuta a ragioni non primariamente spirituali. Ma questo, si dirà, è affar loro. Forse però non era il caso di parlare di conversione.
Anche in ambito protestante abbiamo assistito a “conversioni” per motivi non proprio spirituali. Caso eclatante è quello del re Enrico VIII che per divorziare dalla prima moglie e sposarne un’altra, aderisce alla riforma e, addirittura, fonda una “sua” chiesa, quella che oggi conosciamo come chiesa anglicana.
Potremmo ovviamente fare un elenco infinito di “conversioni” da una religione all’altra per motivi puramente di interesse, politico, economico, pubblicitario, o per potersi sposare qualcuno di una confessione diversa.

Un’altra affermazione di Reider ci lascia alquanto perplessi: «Non credo ci sposeremo, ma non mi pareva giusto nascondere la nostra relazione». Eravamo pronti per lo meno ad augurare alla novella coppia una vita felice insieme, sancita da un patto previsto da quel Dio in cui entrambi credono, cioè il matrimonio. Di che tipo di relazione sta parlando? Il loro è forse solo un amore platonico? E allora perché tutta questa bagarre pubblicitaria? O è un amore completo, fisico? E allora perché rimanere in uno stato che Dio certamente non approva? Sempre l’apostolo Paolo dice a coloro che hanno un (pienamente legittimo!) desiderio l’uno dell’altra: “se non riescono a contenersi, si sposino; perché è meglio sposarsi che ardere [per il desiderio sessuale].” (1 Corinzi 7:9).

Se non si fosse tirato in mezzo Dio, la chiesa, la conversione, questa avrebbe potuto essere solo una delle tante telenovele estive, da leggere rilassati sotto l’ombrellone. Se invece, come è, la cosa è stata volutamente tirata fuori dall’ormai ex frate Reider proprio in termini spirituali, allora la nostra perplessità rimane.

Auguriamo in ogni caso ai protagonisti di questa storia di trovare il vero amore, la vera conversione e la vera unione e tanta felicità.

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